Il gioco dei Tarocchi era contemplato, tra XV e XVI secolo, tra i giochi di carte onorevolmente praticabili dai cortigiani perché non si trattava di giochi d‟azzardo, ma di “giochi ingeniosi” nei quali “sotto varii velami spesso scoprivano i circonstanti allegoricamente i pensier sui a chi lor più piaceva”: le carte servivano dunque a guidare una conversazione o a comporre improvvisando, di solito su un tema dato desunto dalle immagini raffigurate sulle carte stesse. Taluni giochi erano quindi accettati perché stimolavano l’inventiva, l’ingegno, la capacità oratoria dei giovani di corte: ciò che doveva essere tenuto presente era l’equilibrio, il non eccedere nelle cose e nei vizi, l’utilizzare al meglio il proprio tempo, senza sprecarlo in passatempi non costruttivi.